Percorso Rosa – Tappa 8Salita Granarolo 110, Casa natale di Aldo Gastaldi (Bisagno)
Salita Granarolo 110, Casa natale di Aldo Gastaldi (Bisagno)
La casa nativa del partigiano è la seconda che si incontra a destra
imboccando la salita e percorrendo circa 160 mt.
Aldo Gastaldi “Bisagno” di Paolo e Lunetti Maria, nato il 17/9/1921 in salita Granarolo 110.
Comandante della 3ª Divisione Garibaldi Cichero operante sulle alture di Chiavari. Deceduto a seguito di un incidente automobilistico a Desenzano il 21/5/1945 dopo la Liberazione. MEDAGLIA D’ORO alla memoria al VALOR MILITARE. I suoi resti riposano ora nel Pantheon del Cimitero monumentale di Staglieno a Genova.
A quell’epoca Granarolo faceva parte del comune di Rivarolo Ligure, non era ancora stata istituita la “Grande Genova” (1926) nè stata edificata via Bartolomeo Bianco (1935) e per raggiungere il ridente “paesino” sulle alture di Genova era molto più agevole percorrere la strada carrabile passando per Begato, che percorrere l’erta ”crêusa” di salita Granarolo da piazza san Francesco da Paola.
Primo di cinque fratelli, Dopo essersi diplomato come perito elettrotecnico nel 1939, si iscrisse alla facoltà di Economia e commercio, mentre iniziò a lavorare nella Società San Giorgio. Deluso dall’indirizzo di studio, decise di passare a quello di Ingegneria all’Istituto G. Galilei per il quale era necessario il diploma di liceo scientifico. Mentre stava preparando la maturità scientifica, arrivò, nel febbraio 1941, la chiamata alle armi.
Dopo l’8 settembre e la spaccatura tra Repubblica Sociale Italiana e Regno d’Italia, anche Aldo visse il dramma della scelta: con chi stare? Il suo coraggio, il suo autentico patriottismo e il suo profondo amore per la libertà non lo fecero dubitare e decise per la Resistenza contro un nemico, quello nazifascista, che per lui significava soprattutto un metodo: quello della sopraffazione, dello schiacciamento ingiusto del prossimo, dell’abiezione morale e umana. Nell’ottobre ’43 si diede definitivamente alla clandestinità e, con il partigiano comunista Serbandini detto “Bini”, fondò la divisione Cichero, sulle alture di Chiavari.
Bisagno fu un formidabile organizzatore di azioni di sabotaggio con cui distrusse, con molto coraggio e tecnica perfetta, importanti opere fortificate tedesche inseguendo disperdendo e catturando i nemici che spesso rimasero ammirati dalla sua audacia.
da: “SOGNADO LA PACE… racconti di guerra (1943-1945)” interviste e ricerche storiche di Maria Marchetti – Comune di Santa Margherita Ligure – Biblioteca Civica “A. e A. Vago. Pag. 23/24
ALDO GASTALDI “Bisagno”
Intervista concessa dal Fratello Giacomo
Come affrontò suo fratello la fatidica data dell’8 settembre? L’8 settembre del ’43, Aldo era di servizio d’ordine pubblico e comandava un drappello di circa venticinque uomini. Era di guardia alla ex casa del Fascio, dove mi pare adesso ci sia il Tribunale, se non vado errato! La notizia dell’armistizio lo colse impreparato, aspettò ordini dalla caserma, ma ordini non ne arrivarono. Trascorse così, nell’incertezza, il giorno e la notte. L’indomani mattina, il giorno 9, arrivarono da lui due suoi soldati che si meravigliarono del fatto che fosse ancora lì e gli riferirono che in caserma erano già arrivati i tedeschi e ave-vano disarmato i militari.
C’è poi un racconto stupendo e dettagliato, di questa sua missione, che ebbe inizio proprio quel giorno (in: Il cammino della Libertà di Paolo Castagnino “Saetta” – De Ferrari Editore pp. 44-48). Aldo esclamò: “Io il mio fucile ai tedeschi non lo consegno!” – e così anche i suoi due sergenti: Morandini e Bordin, due veneti venuti a Chiavari per seguire un corso di istruzione tenuto da lui.
Dopo varie peripezie, Aldo e i suoi riuscirono a nascondere le loro armi dentro una vasca, nel giardino di una parrocchia, dietro Via Ravaschieri. C’era di che aver paura, ovviamente, perché si sapeva che i tedeschi erano nelle vicinanze. L’Arciprete però li copri mettendoli in condizione di non correre rischi, e una famiglia di antifascisti, i Penso, collaborò con loro fornendogli anche degli abiti civili (Mario Penso entrò poi a far parte del Comitato di Liberazione Nazionale di Chiavari). Quindi, queste armi che loro nascosero, furono quelle che armarono il primo gruppo di resistenti di Cichero.
Dopo questo fatto Aldo tornò a casa. Ricordo che mentre stavamo ripristinando un muretto in giardino, la mamma venne da noi e si rivolse a mio fratello dicendo che c’era un signore che lo cercava. Aldo le chiese se aveva i capelli dritti. Era “Bini” (Serbandini Giovanni). Egli aveva dei capelli talmente dritti che lo rendevano inconfondibile.
Loro andarono in sala, ma io li osservai: studiavano delle cartine topografiche e mio fratello vi apponeva delle bandierine. Evidentemente già tracciavano il territorio…ed eravamo verso la metà di settembre del 1943.
Il 22 di settembre Aldo partì per Chiavari e scrisse una lettera a mio padre.
Il problema lui l’aveva già visto chiaro con Bini. Quest’ultimo aveva avuto il compito, probabilmente dal suo partito, dato che allora non si poteva ancora parlare di C.L.N., di prende-re dei contatti con dei militari, che fossero in grado di portare avanti un’azione, e in seguito ci disse: “Io avevo interpellato diversi ufficiali, ma tutti temporeggiavano perché secondo loro occorreva attendere il momento più opportuno, e vedere come si mettevano le cose. Quando ho interpellato Bisagno, ci siamo capiti subito, anche se lui era un tipo di poche parole, e mi si è aperto il cuore. Mi sono detto, finalmente uno deciso ad entrare nella cospirazione!”.
Infatti mio fratello era un ragazzo che pensava molto ma parlava poco. Sapeva però scrutare l’anima della gente: una dote che gli hanno riconosciuto tutti.
In seguito ci fu un colloquio, e c’è un documento che prova che questo è effettivamente avvenuto, presso l’abitazione del geometra Missale di Chiavari. Si tratta di una lettera che abbiamo trovato non firmata. Bisagno si incontrò con Bini, Furlini e qualcun altro. E lì evidentemente sono state gettate le basi della formazione (2).
Come dicevo prima, a Chiavari lui scrisse una lettera per mio padre. In quel periodo era uscito un bando che ordinava a chi avesse dei fucili da caccia di consegnarli ai carabinieri.
Mio fratello ne possedeva uno, che papà gli regalò quando si diplomò, e in più c’era anche quello di mio padre. Egli dichiarò per iscritto di aver acquistato il fucile di papà: un calibro 20; il suo invece era un calibro 12. Nella lettera si legge questa frase: “Caro papà, mi è stato molto duro questa volta ubbidirti, ma vedrò di farlo! Domani consegnerò i fucili ai carabinieri”. Invece nascose le armi nel muro del terrapieno del nostro giardino. Però d’accordo con nostro padre, prima dimostrò di aver acquistato lui i fucili, in modo da sollevarlo da ogni responsabilità … e pensare che Aldo l’8 settembre del ’43 aveva solo ventidue anni! E poi lo scritto continua: “Tu mi hai detto di consegnarmi al comando tedesco… questa volta forse non ubbidirò. Quando riceverai questa lettera io sarò già a fare l’eremita sui monti.”
Cronologia delle azioni partigiane in cui partecipò Bisagno
Fonte: Giovanni Battista Varnier
8 settembre 1943 – Non ebbe alcun dubbio su quello che bisognava fare: prima di tutto non consegnare armi. “Egli è l’unico ufficiale del Chiavarese a non consegnare le armi ai tedeschi. Anzi, con l’aiuto della popolazione, le nasconde a fasci in canonica. Ritorna poi in caserma con un coraggio che sfiora l’incoscienza, allo scopo di recuperare quella stazione radiotelegrafica che gli è carissima, ma questa volta i tedeschi sono padroni della situazione e per poco non lo freddano con una sventagliata di mitra.
Mese di Febbraio 1944 – Azione di prelevamento di armi a Lavagna (Ge) paese occupato dai nazifascisti. La pattuglia partigiana al Comando di Bisagno veniva accuratamente preparata: i partigiani venivano travestiti da contadini, e con l’accordo di elementi locali asportavano 12 moschetti ed alcuni sacchi di munizioni da un rifugio predisposto.
Mese di Marzo 1944 – Azione per prelevamento armi presso l’osservatorio tedesco sistemato in un’antica torre nell’abitato di Chiavari. La pattuglia partigiana, composta da 25 partigiani al diretto comando di Bisagno penetrava nel posto nemico catturando 50 moschetti, 5 zaini di munizioni, 2 zaini di baionetta e viveri vari. Minuziosissima fu l’organizzazione dell’azione e l’itinerario partendo dal paese di Cichero nel Comune di S. Colombano Certenoli fu in precedenza materialmente segnato dal comandante Bisagno per evitare disguidi; la quasi totalità del percorso si svolgeva in territorio occupato dal nemico.
Mese di Aprile 1944 – Azione per prelevamento di viveri a Cavi di Lavagna (Ge). Asportazione da un deposito tedesco di circa 4 quintali di viveri di riserva di cui una parte fu data in dono alla popolazione che aveva aiutato la pattuglia durante il lungo e pericoloso itinerario da Cichero a Cavi di Lavagna.
Mese di Maggio 1944 – Da Cichero il Comandante Bisagno si sposta verso Levante per organizzare nuovi nuclei al limite della Provincia di Genova e La Spezia. Compie vari atti di sabotaggio con una squadra da lui preparata e guidata: distruzione di piloni della linea elettrica ad alta tensione. (7000 wt) di Sesta Godano (La Spezia), di Boschi (Val d’Aveto) del lago di Giacopiane presso il Monte Aiona. In tale periodo il Comandante Bisagno rifornisce la sua squadra di tritolo asportandolo con ardita azione personale dal Ponte di Terrarossa, presso Mezzanego, minato e guardato dai tedeschi. Rientrando verso Cichero fa saltare altri piloni nelle linee ad alta tensione della Valle Fontanabuona e presso il Colle della Scoffera. Tali azioni paralizzano l’industria e le comunicazioni elettriche molte delle quali non furono più riattivate dal nemico perché sotto controllo partigiano.
Mese di giugno 1944 – Arditissima azione a Ferriere di Lumarzo (Val Fontanabuona); attacco con 25 uomini alla caserma occupata da un forte presidio fascista. Il Comandante Bisagno penetrava all’interno della caserma nemica e vi deponeva una grossa bomba con accensione a miccia. Causa il difetto della miccia l’esplosione non avveniva; di conseguenza Bisagno si portava allora nuovamente nell’interno per riaccendere la miccia. Dopo pochi istanti la bomba esplodeva provocando la distruzione della caserma e la resa del forte presidio fascista. Nello stesso giorno Bisagno tendeva una imboscata all’autovettura di un esponente repubblichino di Chiavari a nome Decio causandone la morte.
Mese di luglio 1944 – Per preparare l’occupazione della Valle Trebbia ed eliminare gruppi di sbandati che agivano indipendentemente da qualsiasi controllo degli organi della Resistenza, preparava ed effettuava con abilità il disarmo della Banda detta dello Slavo della quale alcuni elementi passavano alle dirette dipendenze di Bisagno. In tale mese veniva effettuata l’occupazione della Alta e Media Valle Trebbia da parte della Divisione Cichero che richiedeva una serie di imboscate e di brevi combattimenti contro gli elementi nemici in transito per quella rotabile molto frequentata dai nemici perché ritenuta più sicura dalle offese aeree anglo-americane. Il Comandante Bisagno dirigeva tali azioni mentre nel contempo sistemava le Brigate che era riuscito finalmente a costituire con organici già rilevanti, nei punti tatticamente importanti (posti di blocco, opere di fortificazione campale ecc.). Verso la fine dello stesso mese il Comandante Bisagno si spostava in Val d’Aveto dove aveva avviato distaccamenti già formati ed armati in Val Trebbia e dove prendendo accordi con le formazioni dipendenti dal Comando Unico Parmense, riusciva a costituire una grossa Brigata di circa 500 uomini sorta dalla fusione dei distaccamenti sopracitati e di una Brigata del Comando Parmense. Alla metà di tale mese il Comandante Bisagno intuendo che per la difesa della zona occupata era necessaria la creazione di importanti interruzioni stradali faceva saltare i ponti del Colle della Scoffera e di Laccio (Torriglia) azione che preparava e conduceva personalmente. Poco dopo faceva saltare il ponte di Boschi (Val d’Aveto) per le due rotabili della Val Trebbia e della Val d’Aveto che costituivano ottime vie di comunicazione per il nemico. Il Comandante Bisagno partecipava in tale periodo a varie azioni nei pressi di Torriglia condotto dal nemico quali prime avvisaglie del grande rastrellamento del mese di agosto condotto contro l’organizzazione creata dal comandante Bisagno nella sopracitata vallata.
Mese di Agosto 1944 – Alla fine del mese il nemico attacca impegnando tutta la Divisione Alpina Monte Rosa rinforzata da vari reparti tedeschi. Le due vallate vengono circondate e devono essere abbandonate; la ritirata avviene sotto la guida del Comandante Bisagno che in tale grave momento ha costituito veramente il centro di collegamento dei vari reparti che non furono mai persi di vista da lui ma sempre seguiti per circa 20 giorni. Il comandante Bisagno fu presente in Val Trebbia per dirigere i combattimenti che per 7 giorni furono condotti contro le agguerrite formazioni nazifasciste e la sua figura di eroico Comandante rifulse sulle cime del Monte Moro, di Monte Prelo, di Monte Antola dove il suo coraggio indomito condusse i nuclei di resistenza in vittoriosi combattimenti che permisero di porre in salvo magazzini, depositi di munizioni e masserizie della popolazione dell’interno della vallata. Il Comandante Bisagno incendiava in quei giorni il ponte di legno di Gorreto (Val Trebbia) e faceva saltare un importante ponte nei pressi di Marsiglia. In tale rastrellamento le perdite della Divisione furono minime per le saggie disposizioni del Comandante Bisagno e per la resistenza da Lui preparata alle colonne avanzanti che diede modo a tutti di orientarsi. La Divisione ha contato in tale rastrellamento circa 60 Partigiani Caduti e 40 feriti. Decisiva per le sorti future della formazione fu l’opera di riorganizzazione che in breve riportò alla rioccupazione delle posizioni perdute portando il vantaggio di una migliore selezione degli uomini; ed in questo si prodigò ancora il Comandante Bisagno.
Mese di Ottobre 1944 – Con ardita azione personale il Comandante Bisagno penetra, travestito da Tenete degli Alpini, nell’accampamento di un reparto della Monterosa, faceva i rilievi del caso e prelevava due alpini che faceva diventare poi due ottimi partigiani. Le frequenti puntate nemiche in Val Trebbia vedono Bisagno sempre in azione con piccole pattuglie. Conduceva una violenta imboscata al Battaglione Aosta della Monterosa che transitava con le opportune misure di sicurezza infliggendogli notevoli perdite senza subirne. Verso la fine dello stesso mese due compagnie rinforzate da armi pesanti appartenenti alla Brigata Vestone della Divisione Monterosa attaccava le posizioni occupate dalla Brigata Jori della Div. Cichero. Il Comandante Bisagno accorse sul posto e diresse il combattimento e costrinse il nemico preponderante alla ritirata con varie perdite. I partigiani ebbero due morti.
Mese di Novembre 1944 – A varie riprese il Comandante Bisagno si porta negli alloggiamenti della Brigata Vestone della Div. Monterosa per preparare la defezione di tutto il battaglione. Bisagno con tali arditissime azioni personali è in grado di un quadro esatto della situazione nemica e del morale degli uomini di quel battaglione, alcuni dei quali riesce a portare con se. Il giorno 4 del mese tutta la Brigata Vestone passava al completo di uomini, armi, salmerie, carreggio e materiale fra le file partigiane della Div. Cichero e tale atto fu fortemente dannoso per la compattezza della Divisione Monterosa che da allora cessò di essere la più grave minaccia per le formazioni della VI° Zona operativa e che poco dopo veniva ritirata per essere ricostituita ed inviata in altra zona.
Mese di Dicembre 1944 – Rastrellamento invernale condotto contemporaneamente da varie direzioni. Il Comandante Bisagno accorre in Val Staffora a dare rinforzo alla Divisione dell’Americano adiacente verso nord alla Divisione Cichero e poco dopo condusse il combattimento durato 10 ore a Ponte Organasco (Piacenza) dove pochi uomini della sua divisione respingono una compagnia organica tedesca che subisce ingenti perdite contro nessuna subita. La compagnia tedesca fu posta posta letteralmente in fuga. Verso la fine dello stesso mese, nella stessa località, il Comandante Bisagno sostiene un nuovo attacco portato da circa tre compagnie, che dopo due ore di combattimento accanito, battono in ritirata con forti perdite.
Mese di Gennaio 1945 – Diminuita la minaccia nemica in Val Trebbia e ad occidente di questa, il Comandante Bisagno parte diretto verso la zona di Valletti e nord di Chiavari, dove la sua Brigata Coduri segnalava di essere in grave pericolo per un grandioso accerchiamento nemico. Dopo una marcia di tre giorni il Comandante Bisagno giungeva in pieno combattimento di cui assumeva la condotta; poneva in libertà alcuni partigiani reclutati di recente e non ancora armati, sistemandoli in luoghi sicuri come civili e conduceva il resto della formazione fuori dell’accerchiamento, con disposizioni tatticamente idonee prese, assumendosi tutte le gravi responsabilità del momento. Rientrando al Comando ispezionava la Brigata Berto in Val d’Aveto e Val Fontanabuona dove, nel tentativo di salvare un mulo prezioso per il carico che portava (radio trasmittente apparati di collegamento) si feriva gravemente ad una gamba e doveva essere ricoverato presso un distaccamento della Brigata sopranominata. In tale circostanza il nemico veniva a conoscenza della sua presenza nella zona ed iniziava una serie di puntate tendenti a catturarlo. Non volle mai essere spostato in zona più sicura, ma trascinandosi come meglio poteva servì ad animare ed a guidare quel distaccamento.
Mese di marzo 1945 – Ancora claudicante partecipava al combattimento di Loco (Val Trebbia) dove vennero catturati 35 tedeschi che in bicicletta provenivano da Torriglia. Tra questi si contarono 2 morti e 3 feriti. A metà dello stesso mese un allarme improvviso nella posizione chiave di Barbagelata a cavallo fra la Val d’Aveto e la Val Trebbia vede il Comandante Bisagno nuovamente accorrere e dirigere il combattimento sostenuto da due distaccamenti partigiani contro una compagnia di tedeschi rinforzata da armi pesanti ed appoggiata dalla batteria di Uscio (Genova). Il nemico è sbaragliato e volge letteralmente in fuga, lasciando sul terreno morti e vari feriti. Nessuna perdita partigiana. Il Comandante Bisagno conduce una lunga serie di azioni di disturbo contro il caposaldo nemico di Torriglia, azioni che spesso si mutarono in violenti combattimenti. Dopo una lunga serie di combattimenti il nemico fu costretto d abbandonare il caposaldo.
Mese di Aprile 1945 – Il Comandante Bisagno, con un nucleo di scelti sabotatori faceva crollare la galleria di Boasi fra la Valle Fontanabuona e la Val Bisagno, guardata dal nemico che la riteneva essenziale per le proprie comunicazioni in caso di ritirata, la frana prodotta fu di circa 40 metri e produsse l’imbottigliamento di un notevole numero di forze nemiche che nei giorni della ritirata furono bloccate dalla divisione e consegnate alle prime truppe alleate. Nei giorni della Liberazione di Genova si portava nella zona di Uscio-Bargagli dove era dislocata la Brigata Berto nel timore che forti colonne nemiche, che si andavano riunendo in tale zona, potessero produrre un attacco alle spalle alle forze che erano insorte in città. Solamente dopo aver raccolto e consegnato alle prime truppe alleate tali truppe scesero a Genova. Non tutte le azioni svolte dal Comandante Bisagno sono qui elencate, non essendo possibile registrare brevemente tutta la sua complessa e lunghissima attività bellica. Le azioni svolte dalla Divisione Cichero si può dire siano state tutte condotte dal Comandante Bisagno, e, se qualche volta non fu direttamente presente, lo fu però sempre indirettamente attraverso i suoi ordini. Incontrò la morte il 21 maggio 1945 a Desenzano in provincia di Brescia, cadendo dall’autocarro utilizzato per riportare alle loro abitazioni alcuni uomini del battaglione alpino Vestone.
Bisagno è ricordato in numerosi luoghi del nord Italia con statue, monumenti, cippi, lapidi e altro, qui accanto il busto di bronzo posto nei giardini di piazza Corvetto a Genova
La casa nativa di Aldo Gastaldi cerchiata in rosso.
Associazione Nazionale Partigiani d’Italia
Comitato Provinciale di Genova
Via Digione 50r
Tel.:
Email: info@anpigenova.it
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