Nel quartiere di Genova grande festa di Anpi e di Croce verde, che ha inaugurato una nuova ambulanza dedicandola alla Liberazione, con “25 Aprile – Per non dimenticare” impresso sulle fiancate. I volontari dell’assistenza nel 1945 decorati con medaglia d’oro dalle brigate della VI zona e nel 2004 dall’associazione dei partigiani
La tradizione del volontariato sanitario legato alla storia delle pubbliche assistenze è molto forte in Liguria, e a Genova in particolare. Già dalla fine dell’800, infatti, erano presenti nei nostri territori le Società operaie di mutuo soccorso. Partivano dalle idee di Mazzini, prestando assistenza ai malati e agli indigenti, trasportando gli infermi agli ospedali. Negli anni si sono organizzate per prestare aiuto in occasione di catastrofi e calamità naturali. Valga per tutte l’esempio di alcune pubbliche assistenze che, dal capoluogo ligure, portarono soccorso alle popolazioni colpite nel terremoto di Messina del 1908. Con la loro attività andarono a colmare uno spazio che lo Stato sabaudo e gli enti locali avevano lasciato completamente vuoto.
Molte volte nascevano dalla volontà e dall’ingegno dei lavoratori dell’industria genovese che, stanchi di portare gli infortunati all’ospedale adagiandoli su scale a pioli, introdussero delle barelle montate su grandi ruote e trainate dai volontari stessi. Così diedero vita, spesso con somme esigue raccolte attraverso l’autotassazione, a quelle associazioni che si sono sviluppate su tutto il territorio esprimendo già da allora una forma di solidarietà attiva sotto il nome di “Pubblica assistenza”.
La Croce verde di Pontedecimo nacque nel 1908: fu tra le prime e fondò, insieme alle altre, l’Anpas, un’associazione che oggi rappresenta oltre 120.000 iscritti in Liguria e svariate migliaia di volontari. Nel 1912 i militi volontari furono chiamati al trasporto dei soldati feriti che, reduci dalla guerra in Libia, sbarcarono nel porto di Genova. L’anno successivo l’epidemia di colera che colpì Pontedecimo vide i volontari della Croce verde isolati nel lazzaretto per prestare opera di soccorso ai malati, mentre nel 1919 l’epidemia di “spagnola” che interessò anche la Valpolcevera, impose ai soccorritori impressionanti carichi di lavoro, tanto che spesso al trasporto con barelle si dovette sostituire il trasporto a braccia e a spalle.
Con l’avvento del fascismo, gli assalti, le violenze e le distruzioni non colpirono solo le Camere del lavoro, ma le stesse società operaie di mutuo soccorso, al punto che anche le pubbliche assistenze entrarono nel mirino degli squadristi perché considerate “covi di sovversivi”. Nel quartiere genovese di Pontedecimo riuscirono a resistere per un po’ di anni, ma nel 1928 erano già considerate non compatibili col regime. In particolare la Croce verde, non inquadrata tra le varie organizzazioni ritenute ideologicamente affidabili dalla dittatura, era tenuta sotto stretta sorveglianza.
Tuttavia , non bastò: i sentimenti di libertà e l’antifascismo erano sempre stati presenti al punto che i gerarchi genovesi, anche su sollecitazione delle camicie nere locali, emisero un’ordinanza di scioglimento della Croce verde, nominando un commissario straordinario. Nel 1931, con decreto ministeriale, la Pubblica assistenza fu assorbita dalla Croce rossa italiana che acquisiva, con questo atto, tutte le proprietà, compresi i mezzi e la sede. Nonostante tutto, i volontari non lasciarono mai privi di soccorso Pontedecimo, i suoi cittadini e chi lavorava nelle sue industrie, pur mantenendo vivo il sentimento antifascista. La Croce verde diventò uno dei punti clandestini dove gli oppositori del regime e molti volontari si formarono, continuando a praticare la solidarietà. Con l’entrata in guerra, proseguirono nel prestare soccorso alle popolazioni colpite sia dai bombardamenti, sia dalle violenze dei nazifascisti.
I volontari dell’epoca hanno conservato la memoria storica di quegli eventi, poi raccolta in preziosi appunti, dai quali si evince l’estremo disagio delle condizioni di intervento, con il pericolo per i bombardamenti sommato ai rischi del recupero dei feriti e alla scarsità di mezzi e risorse. E ciò in un contesto dove la violenza era ampiamente praticata, tra truppe di occupazione e aderenti alla Repubblica di Salò. Il sentimento contrario al regime, da semplice embrione di rivolta di pochi, divenne un chiaro e delineato sentimento antifascista, che portò ad atti straordinari di lotta e di sostegno alla Resistenza, tanto a quella armata, quanto a quella sociale. La sede della Croce verde di Pontedecimo divenne luogo d’incontro per resistenti e antifascisti e punto di smistamento e circolazione per la stampa clandestina.
Nel 1944, nella “Pasqua di sangue” della strage della Benedicta, i volontari della Croce verde di Pontedecimo furono protagonisti attivi nel recupero delle salme dei partigiani trucidati dai nazifascisti, molte delle quali erano state sfigurate con lanciafiamme e bombe a mano. Fu un’operazione davvero drammatica alla quale parteciparono molti cittadini e parenti delle vittime stesse: chi fornì il legname, chi preparò le assi per costruire le bare; tutti collaborarono alla ricomposizione delle salme per garantire a quei corpi degna sepoltura. Un gesto di umana pietà molto pericoloso dal momento che i nazifascisti volevano che le salme subissero un ulteriore oltraggio, lasciate esposte alle intemperie e agli animali. Ma l’epilogo della vicenda si ebbe solo nel giugno ’45, quando le salme dei Caduti vennero riesumate, ricomposte dai militi della Croce verde e trasportate a Pontedecimo dove ebbero luogo i funerali solenni nell’attuale piazza Partigiani. In quello stesso anno il comando delle Brigate partigiane della VI zona decorò con Medaglia d’Oro al Valore la loro vecchia bandiera con la seguente motivazione: “Sfidando la rappresaglia nazi-fascista i militi della P.A. Croce verde di Pontedecimo provvedevano con spirito altamente umanitario, a ricuperare, identificare, tumulare le vittime del rastrellamento della ‘Benedicta’ (4 aprile 1944). Incuranti del pericolo, sotto l’infuriare della lotta che portò alla vittoriosa insurrezione dell’aprile 1945 svolgevano il servizio sanitario ed il pronto soccorso mettendo a repentaglio la propria esistenza per la salvezza altrui”.
Nel 2004, in occasione della ricorrenza del 60° della strage, l’associazione è stata insignita di un’ulteriore medaglia d’oro che, come Anpi di Genova, abbiamo voluto conferire alla Croce verde di Pontedecimo in memoria dell’opera di misericordia sulle salme dei partigiani trucidati e per ricordare il contributo dei volontari di allora nella lotta al nazifascismo. Fui io personalmente a motivare le ragioni e ad appuntare la medaglia sulla loro bandiera, alla presenza di molti di quei “ragazzi” che, durante la guerra, avevano offerto il loro solidale aiuto.
Il 23 aprile scorso abbiamo ricordato i valori e il significato della Festa di Liberazione rendendo omaggio, insieme ad associazioni e rappresentanti delle Istituzioni locali, a Pontedecimo, borgata che ha mantenuto una forte vocazione democratica e volontaristica, come testimoniato dalle sue numerose associazioni, alcune delle quali presenti sul territorio da ben oltre un secolo. La Pubblica assistenza Croce verde ha scelto proprio questo momento per inaugurare una nuova ambulanza per il trasporto dei disabili, affidando il taglio del nastro al presidente onorario, presente durante i soccorsi dell’aprile 1944. Il nuovo automezzo riporta sulle fiancate la scritta: “25 Aprile – Per non dimenticare”.
Dopo aver deposto le corone al monumento ai Caduti e ad alcune targhe commemorative nei dintorni, si sono succeduti gli interventi dei rappresentanti del Municipio (Teresa Scarlassa), del Comune (Cristina Lodi), dell’Anpi (Cleto Piano, della presidenza dell’Anpi provinciale, e io), della Croce Verde (col presidente Lorenzo Risso e Luciano Rebora, presidente onorario) nonché del parroco di Pontedecimo, don Paolo Micheli.
Nel corso della cerimonia, sono stati letti i nomi delle 15 vittime della Benedicta originarie di Pontedecimo, facendoli risuonare nella stessa piazza che 76 anni fa li aveva salutati per l’ultima volta.
La manifestazione ha visto la partecipazione di altre associazioni e sindacati, tra cui Cgil, Soms e Società operaie cattoliche, insieme ai tanti volontari in tuta arancione che, nell’ultimo anno, sono stati particolarmente attivi nella gestione dell’emergenza sanitaria. Ragazze e ragazzi orgogliosi delle medaglie appuntate sulla loro bandiera e fieri di dimostrare, quando salgono sulle ambulanze e attaccano la sirena, di essere i partigiani dei giorni nostri. Con un impegno quotidiano e disinteressato che ribadisce, oggi, la necessità dello spirito solidale eredità diretta della Resistenza.
Massimo Bisca, presidente Comitato provinciale Anpi Genova, coordinatore regionale e componente del Comitato nazionale Anpi
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