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Luis Sepúlveda – L’ultima verità di Salvador Allende

Luis Sepúlveda Calfucura
(Cile – Ovalle, 4 ottobre 1949 – Spagna – Oviedo, 16 aprile 2020)

(tratto da “Ingredienti per una vita di formidabili passioni” di Luis Sepúlveda)
“Un giorno di marzo del 2011 mi sono ritrovato nel Cimitero Generale di Santiago con quattro dei miei compagni del GAP, il Gruppo di Amici Personali, gli addetti alla sicurezza di Salvador Allende. Prima siamo andati al Mausoleo dove riposano i resti del presidente e di Hortensia Bussi, la nostra cara Tencha. Siamo rimasti in piedi, in silenzio, poi ci è sembrato di sentire la sua voce che diceva: «Buongiorno, compagni» e abbiamo risposto: «Buongiorno, compagno presidente, la scorta è ai suoi ordini».
Dopo ci siamo diretti al Mausoleo della memoria, dove riposano i corpi di uomini e donne assassinati dalla dittatura che siamo riusciti a recuperare e identificare sconfiggendo la menzogna e l’oblio. L’anno scorso abbiamo accompagnato in questo posto i resti di tre compagni del GAP. Il più grande di quei resti era un pezzo di bacino che pesava al massimo venti grammi, gli altri erano solo briciole ma racchiudevano l’identità genetica che aveva permesso di riconoscerli, e adesso i tre compagni riposano per sempre accanto a centinaia di vittime delle forze armate cilene. E fra quelli che riposano nel mausoleo c’è anche Óscar Lagos, un caro ragazzo, un socialista che mi sostituì nella scorta del compagno presidente e l’11 settembre fu catturato nel palazzo della Moneda e torturato a morte. Aveva ventun anni.
«Il suo nome di battaglia era ’Johnny’. L’hai addestrato tu» dice «Eladio».
«Era coraggioso quel ragazzino» aggiunge «Il Vecchio».
Mentre eravamo lì, abbiamo parlato del provvedimento delle autorità giudiziarie che ordinava l’esumazione del corpo di Salvador Allende per effettuare un’autopsia che determinasse con precisione le cause della morte.
L’11 settembre 1973, a mezzogiorno, cominciò il bombardamento aereo del palazzo della Moneda. Allende resisteva al suo interno insieme ai dodici membri del GAP, mentre in un edificio vicino, il ministero dei Lavori Pubblici, altri sei uomini del GAP tenevano a bada centinaia di soldati all’attacco.
Nel palazzo della Moneda, in mezzo al fuoco e al fumo provocati dal bombardamento, Salvador Allende volle che i combattenti del GAP uscissero e impartì loro l’ultimo ordine: vivere.
Mentre si allontanavano, in mezzo alle esplosioni, i GAP sentirono un colpo di arma da fuoco nel salone in cui era entrato il presidente, ma nessuno di loro poté vedere che cosa era successo.
Allende si era suicidato? Noi sopravvissuti del GAP pensiamo di sì, che in un ultimo gesto di dignità e coerenza Allende abbia voluto evitare al popolo cileno di veder uscire il suo più alto rappresentante umiliato, legato, vinto dai militari golpisti.
Eppure, dopo la morte del presidente, si verificarono due fatti contraddittori: i militari non consentirono alla stampa di fotografare il corpo; l’autopsia ordinata dai golpisti fu effettuata da un ginecologo e la relazione medico-legale venne stilata dall’avvocato Tomás Vásquez, un fedelissimo della dittatura che, anni dopo, firmò un’altra relazione medico-legale in cui certificava che il diplomatico spagnolo Carmelo Soria era morto in un incidente automobilistico, mentre la giustizia in seguito appurò che Soria era stato sequestrato, torturato e assassinato dalla polizia segreta della dittatura. Quella prima autopsia compiuta sul corpo di Allende è priva di qualsiasi valore legale.
Dopo la morte, Salvador Allende fu sepolto a Valparaíso, quasi in segreto, i militari permisero la presenza solo della vedova e di un pugno di amici e famigliari. Non consentirono a nessuno di vedere il corpo.
Nel 1990 i resti del presidente furono trasferiti da Valparaíso a Santiago con un grande funerale solenne a cui parteciparono migliaia di persone. Durante la prima esumazione si vide che Allende era stato sepolto con gli stessi abiti che indossava l’11 settembre: una giacca di lana, un maglione a rombi chiari e scuri e un paio di pantaloni grigi. Ma si notarono anche strani dettagli per cui la morte poteva essere stata provocata da vari colpi esplosi da armi di diverso calibro.

Al di là del risultato di questa autopsia, le gesta di Salvador Allende, il suo coraggio e la sua fedeltà ai principi restano immutati nella memoria dei cileni.”

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