…”Allora Cascione, che si stacca dall’angolo dove ha ascoltato, in piedi, dice: «Piantatela un po’», e va a prendere il taccuino da medico dallo zaino con la croce rossa, si siede e scrive. «Silvano, dammi una mano», dice scuotendo per una spalla Silvano Alterisio, lo studente che nella banda si chiama Vassili. Cosa dovrà dire la canzone? Mancano dieci giorni a Natale, fa freddo, il vento taglia la faccia.
Soffia il vento urla la bufera.
Oltre alla fame, quello che più tormenta gli uomini è la mancanza di scarpe adeguate per la vita sui monti. Tanto che in quegli stessi giorni il comandante e alcuni dei suoi – Alterisio, Rubicone, Semeria, Simonti – fanno una veloce incursione a Diano Arentino, dove era stata segnalata la presenza di un grosso quantitativo di cuoio prelevato dalla grande caserma Camandone dopo l’8 settembre. Megu e i suoi uomini recuperano il cuoio in un magazzino, caricandolo su due muli: sarà inviato al Cln di Imperia, che farà confezionare scarponi per i partigiani.
Quindi il secondo verso viene quasi da solo:
Scarpe rotte eppur bisogna ardir.
Cascione non dimentica che la costituzione della sua banda ha un valore politico, oltre che insurrezionale, in un territorio dove i contadini e le popolazioni in genere li stanno sostenendo. Poi, ci si possono dimenticare le donne?
Lungo il sentiero che li porta al casone dei Crovi, sottovoce si cantano le prime due strofe:
Soffia il vento, urla la bufera
Scarpe rotte eppur bisogna ardir
A conquistare la Rossa primavera
In cui sorge il sole dell’avvenir.
Ogni contrada è patria del ribelle
Ogni donna a lui dando un sospir
Nella notte lo guidano le stelle
Forte ha il cuore e il braccio nel colpir“…
tratto da “Fischia il vento” Felice Cascione e il canto dei ribelli di Donatella Alfonso
Questi tre filmati sono stati prodotti da ANPI Genova in occasione del raduno interregionale partigiano del 4-5 agosto 2018 ad Alto (CN) nel centenario della sua nascita
Articolo correlato – In memoria di Felice Cascione – Donatella Alfonso – Patria Indipendente