Associazione Nazionale Partigiani d'Italia
Comitato Provinciale di Genova
Cerca
Close this search box.

Pagine di Storia – l’8 settembre 1943 nel ricordo di Nuto Revelli

L’8 settembre è un’altra data difficile da capire. Gli antifascisti certo la aspettavano, la prevedevano. Ma io, come tanti, appartenevo a un altro mondo e continuavo a non capire.
La notizia dell’armistizio mi arriva dalla strada, da via Roma. Sono le 18,30, e vedo la gente raccolta in gruppi che discute, che grida, che parla a voce alta. Vedo soldati che fanno festa, che gridano che la guerra è finita. Davanti a un bar ascolto il comunicato di Badoglio, inciso su un disco prima di scappare da Roma con il re. Un messaggio equivoco, una voce vecchia, un disco rotto che ricomincia sempre dall’inizio. Intuisco che sta per incominciare un’altra guerra. Ho conosciuto i tedeschi sul Fronte russo e so che non perdonano.
Corro a casa e mi metto in divisa. Afferro le mie tre armi automatiche e mi presento in caserma, nella caserma del 2° Alpini, la caserma «Cesare Battisti». Al portone d’entrata incontro il capitano Luigi Romiti97. Ammira i miei due parabellum poi mi invita a tornarmene a casa: «Qui perdi tempo, – mi dice, – qui non c’è nessuna intenzione di sparare sui tedeschi».
Non mi rassegno. In caserma c’è un battaglione di reclute. Trascorro una parte della notte con il gruppo dei sottotenenti di complemento appena sfornati dalla scuola di Bassano. Molti li conosco dai tempi della GIL: Aurelio Verra, Ercole e Luigi Silvestri, Michelangelo Berra, Giorgio Bocca, Alberto Cipellini, Luigi Brizio e altri. Si attendono ordini, mentre la confusione aumenta.
Cerco Piero Bellino e con lui fantastico fin quasi all’alba. Ci chiediamo che cosa succederà, ora.
L’indomani, sempre in divisa, torno in caserma, dove continuano ad aspettare ordini. Poi apprendo che a Cuneo sarebbe arrivato un reparto della 4ª Armata in fuga dalla Francia.
Con Piero Bellino accorro in via Statuto, dove c’è la sede del Comando di Zona. Lì incontriamo questo piccolo reparto: pochi automezzi e pochi soldati spauriti, sbandati. I loro ufficiali sono scomparsi, sono andati a cercare degli abiti borghesi. Poi arrivano gli altri. A Cuneo, il 10 settembre, ci sono migliaia di soldati, un’invasione: colonne di camion abbandonati, soldati senza reparto, ufficiali che si sono tolti i gradi. I nostri contadini chiameranno l’armistizio «il disordine di Badoglio». Si respira il disastro più che a Podgornoe, dove almeno c’era una volontà di combattere. Qui, adesso, c’è la disfatta senza speranza, la resa, il clima da «si salvi chi può».
Alla caserma Battisti ormai non si parla che di smobilitazione. Gli ordini non arrivano. I soldati hanno capito che bisogna disperdersi. Il comandante del 2° Alpini è il colonnello Boccolari, un super decorato della guerra ‘15-18. È ancora in caserma, è ancora in divisa, ma sul punto di arrendersi. Doveva essere un appassionato di fiori. Infatti in quei giorni si preoccupa dei suoi vasi di gerani, che aveva disposto tutto attorno al monumento ai caduti nel cortile della caserma. Stanno per arrivare i tedeschi, e il colonnello si preoccupa di salvare i suoi gerani…
Il tenente Nardo Dunchi, che poi diventerà uno dei più attivi e coraggiosi partigiani della banda di Boves, vorrebbe fucilare il colonnello Boccolari.
Discutiamo animatamente, se fucilarlo o meno. Io mi oppongo. Non è con un colonnello in meno che risolveremo la situazione.
Con Piero Bellino vado a cercare il colonnello Palazzi. Palazzi è un ufficiale di quelli seri. Sono le 9 di sera del 10 settembre. Ci apre in pigiama, un pigiama a righe da carcerato. Gli dico che in caserma tutti scappano, che abbiamo bisogno del suo intervento. Palazzi mi conosce, al mio ritorno dalla Russia mi ha abbracciato sotto i portici di Cuneo.
Adesso risponde urlando: «Fuori dai coglioni! Via, non voglio più saperne. Tutti pidocchi, tutti pidocchi». Ce ne andiamo a testa bassa, umiliati. Abbraccio Piero Bellino, ci guardiamo e piangiamo.
Il giorno 11 assisto all’agonia del «battaglione reclute». Una fine penosa. il giorno 12, alle ore 14, le SS del Maggiore Peiper entrano in Cuneo.
Ho voluto aspettarli, i tedeschi, ho voluto vederli. Arrivano con una breve colonna di autoblinde, dal viadotto sul fiume Stura. Occupano piazza Vittorio. Sono proprio come i tedeschi che ho visto a Varsavia, che ho visto in Russia. Spavaldi, pieni di boria, odiosi.
Mentre risalgo lungo corso Nizza, per incontrare Piero Bellino e prendere gli ultimi accordi prima di abbandonare Cuneo, mi imbatto in un amico d’infanzia che non ha capito nulla e vive come in una giornata normale. Mi ferma, mi propone di andare a vedere un film al Cinema Monviso.
E domenica, e il cinematografo apre alle 14,30. Non mi tradisco, non gli dico nulla. Trovo una scusa e scappo via. Ecco, come ognuno poteva vivere, a suo modo, l’8 settembre.
Incontro Piero, Faramia, Mutismo. Tra un’ora ci ritroveremo a San Bernardo di Cervasca, lontani da Cuneo, al sicuro. Corro a casa, smonto le mie tre armi automatiche, le infilo nello zaino, e in bicicletta raggiungo la cascina Chiari, che diventa la nostra prima base partigiana.
L’indomani, con Piero Bellino, raggiungo Valerà di Caraglio, dove il materiale abbandonato dalla 4ª Armata è moltissimo. Nei campi sono più numerosi i fucili buttati che le margherite. Nascondiamo armi e munizioni. Poi ci spingiamo in Valle Grana….
Nuto Revelli  – Le Due Guerre : Guerra Fascista E Guerra Partigiana

Nuto Revelli – Diplomato geometra, a vent’anni entrò all’Accademia Militare di Modena del Regio Esercito, rimanendovi per due anni e uscendone con il grado di sottotenente.
Nel 1942 partì volontario per il fronte russo con la Divisione Tridentina, inquadrato nel battaglione Tirano del 5º Reggimento Alpini; qui il 19 settembre 1942 fu ferito al braccio, guadagnandosi con il suo comportamento una medaglia d’argento al valore militare ed una promozione al grado di tenente per merito di guerra. Ricoverato al convalescenziario di Dnepropetrovsk, tornò poi in prima linea sul Don, a Belogore, su sua insistita richiesta. Dal 16 gennaio 1943 al 4 febbraio visse la tragedia della ritirata di Russia a Belgorod, partecipando tra le altre alla battaglia di Nikolaevka. In marzo rientrò in Italia, subito ricoverato per una grave forma di pleurite.
Il 26 luglio a Cuneo vide la caduta del fascismo e poi, con l’8 settembre, visse lo sfascio dell’esercito e l’occupazione tedesca della città. Dal 13 settembre 1943 iniziò, collegandosi ad altri resistenti, a raccogliere materiali e a prendere contatti per una formazione di pianura (in quel momento era scettico sulla possibilità di azioni in montagna), che in ottobre chiamerà “1ª Compagnia rivendicazione caduti”; iniziò anche una collaborazione, via via più stretta, con la Banda Italia Libera. Entrerà in questa banda il 7 febbraio 1944, dopo il Convegno di Valloriate. A fine mese il gruppo bande Italia Libera, che aveva sede a Paraloup, diede origine alla IV Banda, sotto il comando di Revelli, che si spostò a operare nel Vallone dell’Arma, sopra Demonte. Qui Revelli compose la canzone partigiana Bandiera nera, più nota oggi con il titolo Pietà l’è morta.
Sotto il suo comando, la IV Banda superò brillantemente e senza perdite la violenta offensiva tedesca del 20-29 aprile 1944 (denominata Aktion Tübingen). Durante una sosta tra i combattimenti, presso il villaggio di Narbona, gli uomini della IV crearono il canto partigiano La Badoglieide. Più tardi la banda si sposterà in Val Vermenagna. Di qui, ai primi di agosto, Revelli fu nominato comandante della Brigata Valle Stura “Carlo Rosselli”, che in agosto contrasterà efficacemente la spinta tedesca verso il Colle della Maddalena, e a fine mese sconfinerà in Francia collaborando con le forze alleate. Il 2 ottobre Revelli subì gravissime lesioni al volto in un incidente durante un’azione di collegamento; lesioni che lo costringeranno a molte operazioni chirurgiche a Nizza e Parigi.
Il 26 aprile 1945 rientrò in Italia attraverso la valle Maira e partecipò alla battaglia per la liberazione di Cuneo.
fonte Wikipedia

 

 

 

Ultimi articoli pubblicati